“L’urlo” è una cantata di getto, uno sproloquio di attore e musica, in un periodo in cui la vita umana sembra smarrire centralità rispetto alla provenienza geografica e sociale, ai percorsi che compie, ai pericoli che agita in noi l’incontro con l’altro.
In scena la musica di Max Nocco e Gustavo D’Aversa, l’Altro, proprio l’Altro di cui dovremmo diffidare. Un monologo tutto d’un fiato che ferma lo spettatore, aggancia il discorso con una scusa qualsiasi e lo trascina nell’esperienza rara di un incontro in carne ed ossa con uno sconosciuto.
Scandite in una lingua che non appartiene a nessuno, una lingua anch’essa semplicemente altra, affiorano le istanze di un’umanità che non conosce differenze e che reclama, in tutti, una stanza in cui passare la notte, una mano che si tenda ad accendere la sigaretta, qualcuno con cui parlare, che non scappi, o con cui semplicemente fermarsi a riprendere fiato.